Interval training con cardiofrequenzimetro
Questo articolo vuole promuovere l’utilizzo del cardiofrequenzimetro durante lo svolgimento di sessioni di Interval Training e HIIT a corpo libero per:
- migliorare lo stato di forma generale ottimizzando i sistemi energetici (aerobico e anaerobico) e la loro interazione;
- massimizzare gli effetti in termini di (ri)composizione corporea (dimagrimento, massa muscolare);
- impostare una progressione scalabile (da principiante a HIIT avanzato) che favorisca progressi costanti e prevenga situazioni di stallo o infortuni.
L’intenzione è quella di offrire un approccio pratico, semplice ed immediato; quindi, per le basi teoriche si rimanda a Wikipedia e (per approfondimenti più specifici) ai seguenti articoli su Project inVictus:
- HIIT: High Intensity Interval Training – Aspetti scientifici e pratici
- Per dimagrire meglio il Cardio o l’HIIT? (prima parte – seconda parte)
Prima di cominciare è d’obbligo l’idoneità medico sportiva: gli allenamenti ad alta intensità non sono per tutti e sono comunque poco indicati a chi non ha già una certa confidenza con l’attività fisica e l’allenamento. Anche se, come vedremo, è possibile rendere tutto abbastanza accessibile anche agli indivanados. Partiamo.
La prima cosa da fare è stimare le proprie cinque zone cardiache standard.
E’ importante conoscere la propria frequenza cardiaca a riposo per ottenere la frequenza cardiaca di riserva, che è più “realistica” per stimare proprie le zone cardiache (Metodo Karvonen).
Tenendo presente che mediamente:
- una sessione di Interval Training si mantiene tra il 60-80% della FCMax (frequenza cardiaca massima);
- una sessione di HIIT si spinge all’80-100% della FCMax;
- un soggetto poco allenato raggiunge la soglia anaerobica già al 50-60% della FCMax; (e qui si spiegano i progressi veloci all’inizio);
- un soggetto allenato raggiunge la soglia anaerobica al 80-90% della FCMax; (e qui si spiega lo stallo a cui si rischia di andare incontro più avanti);
è possibile iniziare a tracciare delle linee guida non vincolanti.
L’obiettivo di ogni sessione IT o HIIT è quello di variare l’intensità in modo costante (e graduale, se si è agli inizi): i migliori benefici metabolici si hanno dal costante passaggio tra soglia aerobica/anaerobica e quindi dall’utilizzo di diversi sistemi energetici con relativo reclutamento muscolare (prevalentemente fibre di tipo 1 con sistema aerobico, prevalentemente fibre di tipo 2 con sistema anaerobico). Come sempre, è bene ricordare che la fisiologia non funziona a compartimenti stagni: tutti i sistemi energetici interagiscono contemporaneamente, sempre. La preponderanza viene dettata dalla contingenza, in questo caso dallo stimolo allenante.
In un allenamento IT o HIIT la fatica percepita non fa testo, conta unicamente la frequenza cardiaca (che spesso non è nemmeno proporzionale all’effettivo lavoro muscolare svolto, soprattutto in soggetti poco allenati). Ci possono essere giorni o periodi che anche solo in zona 1 e 2 (tra il 50 e il 70% della FCMax) vi sembrerà di portare il mondo sulle spalle, ed altri momenti in cui anche vicino ai massimali (zona 4 e 5, tra 80 e il 100% della FCMax) vi sentirete freschi come una rosa. Ascoltate sempre il vostro cuore, tenendo presente che a seconda della qualità dei cardiofrequenzimetri (per gli IT e HIIT quelli a fascia cardiotoracica sono un must!), l’affidabilità del dato è sempre soggetta ad un margine d’errore.
Come impostare un allenamento IT o HIIT a corpo libero (corsa compresa).
La scelta degli esercizi è fondamentale e deve essere fatta tenendo conto dello stato di forma del soggetto.
Un soggetto poco allenato andrà in soglia anaerobica anche con esercizi “semplici” come pushup e squat.
Un soggetto atletico avrà bisogno delle varianti più impegnative di burpee.
Si può optare per un “recupero” in soglia aerobica attivo (es. dopo uno scatto si corre a ritmo lento) o passivo (dopo delle ripetizioni tirate di burpee, ci si schianta al suolo cercando di recuperare ). Se si è all’inizio o lo stato di forma non è dei migliori, consiglio il recupero passivo; ma l’ideale e puntare progressivamente al recupero attivo (per tutta una serie di benefici elencati nei link di approfondimento ad inizio articolo).
Quanto deve durare una sessione IT o HIIT? Ognuno fornisce i suoi tempi ideali. Teoricamente si va dai 15/20 ai non oltre 40/45 minuti effettivi.
In linea generale: più si sta in soglia anaerobica (alta/altissima intensità) e meno deve durare la sessione; più si sta in zona aerobica, più si può prolungare (focalizzandosi quindi sul volume).
Per quante volte a settimana? Anche tutti i giorni. Ma partire con 3 sessioni settimanali è cosa saggia.
Per quante serie? Quante ripetizioni? Quante “pause”? Fatelo decidere al vostro cuore (vedremo di seguito come). E’ il modo più graduale e meno stressante per progredire, evitando sovrallenamento, infortuni e fasi di stallo.
Spunti pratici per principianti e intermedi.
Sei si è all’inizio o non si è mai praticato IT e (soprattutto) HIIT meglio partire cauti.
Si imposterà una soglia massima all’80% FCMax ed una soglia minima al 50% FCMax. Quindi con margini di “recupero” belli ampi.
Tradotto: parto ad eseguire i miei esercizi (tipo un workout di Freeletics o Goliaz, una serie di burpee, ecc…), quando arrivo al 80% mi fermo (in caso di recupero passivo. In caso di recupero attivo continuo con un esercizio che mi consenta di abbassare la %), quando scendo al 50% riparto.
Come ci si accorge di migliorare? Quando la frequenza cardiaca tornerà sempre più velocemente alla soglia minima da voi scelta, e per fare lo stesso numero di ripetizioni (o km) si impiegherà meno tempo, sarà arrivato il momento di alzare l’asticella, riducendo il “recupero”, alzando progressivamente la soglia minima (55, 60, 65, …). Quando sarà arrivata intorno al 70% (possono volerci anche diversi mesi, ma intanto i risultati cominceranno già a vedersi), si sarà sufficientemente condizionati per passare al HIIT vero e proprio.
Spunti pratici per avanzati.
Si imposterà una soglia massima tra il 90 e il 100% della FCMax ed una soglia minima non inferiore al 70%.
Ping pong continuo tra soglia aerobica e anaerobica.
Tradotto: parto ad eseguire i mie esercizi o sprint, quando arrivo al 90/100% “recupero” (attivo o passivo) fino al 70% e riparto. Una sessione così è devastante a prescindere, anche se siete degli atleti d’elite.
Come ci si accorge di migliorare? anche qui, quando la frequenza cardiaca tornerà sempre più velocemente al 70%, sarà arrivato il momento di alzare l’asticella, cercando di stare in soglia anaerobica massimale o submassimale per più secondi possibili, prima di tornare in soglia aerobica al 70%.
Sessioni ad alta intensità svolte così, portano progressi costanti e risultati stupefacenti (sia in termini di composizioni corporea, sia per quanto riguarda le performance di forza e resistenza).
Il problema è che non tutti hanno la volontà e costanza di allenarsi a queste intensità (fisiche e mentali); ci si adegua nella comfort zone, si va sempre meno spesso in soglia anaerobica… e sopraggiunge lo stallo.
Perché il metabolismo dovrebbe continuare ad adattarsi ad uno stimolo che non percepisce più come tale?
Tipico per esempio dei praticanti di Freeletics Bodyweight: con costanza i primi risultati arrivano anche abbastanza velocemente in pochi mesi (perché come abbiamo visto, all’inizio la soglia anaerobica si raggiunge con più facilità), poi si pensa (sbagliando) che continuando sullo stesso livello si continui ugualmente a progredire.
Il livello va alzato, sempre e gradualmente. L’eccellenza si raggiunge così.
Come sempre aggiornerò l’articolo in base ai feedback ricevuti o a nuove evidenze scientifiche.